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Glycirrhiza glabra
Enciclopedia naturale

Liquirizia

 FAMIGLIA: Fabaceae.

HABITAT: bacino del Mediterraneo, Medio oriente, Cina, Australia.

PARTE USATA: i rizomi, le radici e il succo.

PREPARAZIONE FARMACEUTICA CONSIGLIATA: l’estratto secco nebulizzato e titolato in acido glicirrizico (min.4%) (Farmacopea Italiana X). La posologia giornaliera utilizzata negli studi pubblicati in letteratura è di 6-8 mg./kg/die, suddivisa in due somministrazioni, una fra le ore 7 e le ore 8 e l’altra fra le ore 16 e le ore 17. Siccome tali studi sono stati condotti con estratti diversi con titoli diversi, il valore posologico suddetto rappresenta un valore medio indicativo.

COMPOSIZIONE CHIMICA: contiene dal 25 al 30% di amidi, dal 3 al 10% di D-glucosio e di saccarosio, e inoltre cumarine, triterpenoidi, steroli e flavonoidi, soprattutto flavanoni, calconi, isoflavoni e isoflavonoli. Esiste anche un polisaccaride, detto glicirrizano e altri due polisaccaridi costituiti da poligalatturonani e da zuccheri semplici e complessi. I componenti principali sono i saponosidi rappresentati soprattutto dalla glicirrizina (dal 3 al 5% della droga secca). Essa è un monodesmoside che, per idrolisi, libera due molecole di acido D-glicuronico e una molecola di acido glicirretico. È stato anche riconosciuto un derivato dell’acido glicirrizico, detto gliderinina, dotato anch’esso di notevole attività antiflogistica.

PROPRIETÀ  TERAPEUTICHE:
Azione antigastritica e antiulcerosa: è legata soprattutto all'acido glicirretico ma anche ai flavonoidi. Tale azione è dovuta sia ad un aumento della secrezione delle cellule mucipare della parete gastrica sia ad un'attività diretta sulla mucosa flogosata e/o ulcerata, e determina un rapido miglioramento della sintomatologia del paziente e anche del quadro radiologico ed endoscopico.
La Liquirizia data assieme all'aspirina dimezza l'incidenza dell'ulcera gastrica indotta da questo farmaco nel ratto, e inoltre tende a ridurre la produzione di gastrina e quindi di acido cloridrico da parte della mucosa dello stomaco.
L'azione antiulcerosa di questa droga è dovuta in buona parte all'inibizione degli enzimi 15-OH-prostaglandino deidrogenasi e delta 13 prostaglandino reduttasi. Il primo trasforma le prostaglandine E2 ed F2 a 15 ketoprostaglandine, che sono praticamente inattive, mentre il secondo metabolizza le delta 13 prostaglandine inattive, che vengono così eliminate con le urine. In tal modo la Liquirizia aumenta i livelli di prostaglandine attive a livello della mucosa gastrica.
Nell’estratto acquoso di liquirizia sono presenti delle 12-keto-triterpensaponine ad azione antiflogistica. In questo studio in vitro è stato studiato l’effetto di questo estratto acquoso sull’adesività dell’Helicobacter pylori alla mucosa gastrica e del Porphyromonas gengivalis al tessuto periodontale. Si è notato che l’estratto in questione inibiva l’adesione dell’Helicobacter alle cellule della mucosa gastrica umana e che tale azione dipendeva soprattutto dai polisaccaridi presenti nell’estratto. Questi ultimi non avevano un’azione citotossica diretta contro l’Helicobacter e non influenzavano l’emoagglutinazione. Questi polisaccaridi svolgevano anche una valida azione antiadesiva sul Porphyromonas gengivalis. Lo studio indica che un estratto acquoso di liquirizia ostacola l’adesività alle cellule bersaglio dell’Helicobacter pylori e del Porphyromonas gengivalis.

Azione antiflogistica: È stato evidenziato che l'acido glicirretico inibisce la trasformazione del cortisolo a cortisone da parte della 11 beta idrossisteroido deidrogenasi. È stato dimostrato che la sostanza più attiva in questo senso è l'acido 3-monoglicuronil glicirretinico, che è nettamente più potente dell'acido glicirrizico. L'inibizione di questo enzima è dose-dipendente, come dimostrato da uno studio effettuato su volontari sani. Infatti una dose di 500 mg./die di glicirrizina per os inibisce l'enzima per circa 12 ore, mentre un dosaggio di 1000 mg./die causa inibizione enzimatica per circa 24 ore.
Dati recenti indicano che l'acido glicirretico ostacola l'attività della beta glucuronidasi a livello epatico, con ridotta escrezione di composti glucuronati, tra cui gli steroidi stessi. Queste azioni sono esplicate essenzialmente a livello epatico e a livello renale.
Recentemente è stato identificato un altro meccanismo responsabile dell'azione antiflogistica di questa droga, e cioè la capacità della glicirrizina di inibire la produzione di radicali liberi,  che sono una classe di potenti agenti flogogeni, da parte dei granulociti neutrofili. La droga sembra peraltro incapace di interferire in  modo apprezzabile sulla fagocitosi e sulla chemiotassi di queste cellule.
Importante è anche la capacità della glicirrizina di ostacolare i danni tessutali conseguenti al fenomeno di ischemia-riperfusione, consistenti essenzialmente in un aumento della perossidazione lipidica con conseguente incremento di malondialdeide sia nel cervello sia nel plasma periferico e in una diminuzione dell'attività della superossido dismutasi (SOD) negli stessi distretti. Questi effetti sono antagonizzati dalla glicirrizina a 100 mg/kg data per 3 giorni consecutivi.
È interessante notare che i radicali liberi prodotti dai leucociti sono una delle cause principali del danno dell'epitelio follicolare in caso di acne e di rosacea.
Recentemente è stata dimostrata la presenza nel sistema nervoso centrale, in particolare nel cervelletto, nell'ippocampo, nella corteccia e nell'ipofisi, di livelli significativi di 11 beta idrossisteroido deidrogenasi. È stato anche ritrovato lo RNA messaggero che codifica la sintesi dell'enzima suddetto. Questo fatto potrebbe essere importante perché la 11 beta idrossisteroido deidrogenasi sarebbe fondamentale nel controllo dell'attività dei glucocorticoidi sul sistema nervoso centrale, in particolare proteggendo le strutture cerebrali dagli effetti deleteri causati dall'eccesso di glicocorticoidi.
L’accumulo di acidi biliari idrofobici causa un’epatopatia colestatica aumentando fortemente lo stress ossidativo, la disfunzione mitocondriale e l’attivazione dei segnali cellulari. Lo scopo di questo studio era quello di valutare l’effetto della liquirizia sull’epatopatia colestatica nel ratto. Gli epatociti di ratto erano incubati con l’estratto di liquirizia (GL) o con l’acido 18-beta glicirretinico (GA), il che provocava un evidente e significativo calo della generazione di radicali liberi, con efficacia maggiore per il GA. Si è anche visto che GA riduceva sia l’apoptosi sia la necrosi cellulare, mentre GA aumentava l’apoptosi. Gli acidi biliari promuovevano l’attivazione della JNK e delle caspasi 3, 9 e 10 e il clivaggio del PARP, e questi fenomeni erano antagonizzati da GA ma non da GL. A livello mitocondriale sia GL sia GA erano potenti inibitori della modificazione della permeabilità della membrana mitocondriale, della generazione di radicali liberi e del rilascio del citocromo c. I dati di questo studio indicano che GA è un potente inibitore della epatotossicità da accumulo di acidi biliari negli epatociti di ratto.

Studi clinici:
Uno studio clinico ha valutato l’effetto di cerotti idrogel nel trattamento della stomatite aftosa. Sono stati arruolati 15 pazienti, che dovevano valutare l’intensità del dolore su una scala analogica e che dovevano applicare i cerotti suddetti per 5 giorni consecutivi. Si valutava anche il numero e l’estensione delle ulcere e il tempo per una loro completa guarigione. Si è notato che l’applicazione dei cerotti causava una significativa riduzione del dolore dopo 3,4 e 5 giorni (p<0,001) e anche una significativa riduzione delle dimensioni delle ulcere e dei loro fenomeni necrotici sempre versus placebo (p<0,03). Lo studio indica che questi cerotti possono essere utili nel trattamento della stomatite aftosa nell’uomo.
Azione sulla cute: è utile nelle dermatiti da contatto, negli eczemi, in alcune neurodermatiti e parzialmente nella psoriasi, con un'efficacia paragonabile a quelle dei cortisonici di media potenza. In parte l'azione protettiva a livello cutaneo della Liquirizia può essere dovuta alla stimolazione della produzione di linfociti anti tipo 2T, che contrastano l'attività dei linfociti CD 8 tipo 2T indotti dalle ustioni e dalle forme flogistiche spiccate.
Esponendo la cute del ratto a lesioni da bruciatura essa è molto più suscettibile (fino a circa 50 volte) alle infezioni da Candida albicans. Il pretrattamento degli animali con estratto secco di liquirizia per os ha ridotto notevolmente il numero e la gravità di queste infezioni. Questi risultati suggeriscono che la glicirrizina, inducendo la proliferazione e l'attività delle cellule CD4+T che  a loro volta sopprimono le citochine di tipo 2 prodotte dalle cellule tipo 2T dopo l'ustione, aumenta la resistenza della cute ustionata alle infezioni da Candida albicans.

Azione antiallergica: la liquirizia inibisce anche il rilascio di istamina, leucotrieni in particolare il leucotriene C, prostaglandina E2 e bradichinina. L'acido beta glicirretinico ha dimostrato di essere un potente inibitore della via classica del complemento, mentre non agisce su quella alternativa. Questa azione è dovuta a inibizione del componente C2 del complemento. Inoltre si oppone al calo numerico dei leucociti e dei loro processi mitotici indotto dalle radiazioni nel ratto.
Uno studio in vitro e in vivo ha esaminato l’azione antiallergica dei principali componenti della liquirizia (glicirrizina, acido 18-beta-glicirretinico, isoliquiritina e liquiritigenina). Si è visto che l’acido 18-beta glicirretinico e la liquiritigenina inibivano potentemente la reazione cutanea anafilattica passiva e il trattamento indotto nel ratto dal composto 40/80 e anche la produzione di IgE nell’asma provocata dall’ovalbumina, ma in quest’ultimo caso la liquiritigenina era meno attiva.
La flogosi delle vie aeree è assai importante nella patogenesi dell’insufficienza respiratoria acuta, dell’asma e della broncopneumopatia cronica ostruttiva. In questo studio è stato investigato l’effetto dei flavonoidi della liquirizia sulla flogosi polmonare acuta indotta dal LPS instillato per via intratracheale alle dosi di 3 o 10 o 30 mg/kg nel ratto. Il LPS causava un netto aumento dell’infiltrazione dei neutrofili, dei macrofagi e dei linfociti e un loro conseguente aumento nel liquido di lavaggio bronco alveolare. I flavonoidi suddetti inibivano l’infiltrazione dei neutrofili con effetto ottimale alla dose di 30 mg/kg, con un effetto simile a quello del desametazone alla dose di 1 mg/kg. Inoltre questi flavonoidi incrementavano l’attività della SOD e riducevano quella della mieloperossidasi, diminuendo anche l’espressione nel tessuto polmonare dell’mRNA specifico per il TNF alfa e per la IL1 beta dopo 6 e dopo 24 ore dall’instillazione. I flavonoidi della liquirizia non solo riducevano significativamente l’aumento dei liquidi nei polmoni ma anche attenuavano marcatamente le alterazioni istologiche polmonari causate dal LPS. Lo studio indica che i flavonoidi della liquirizia riducono la flogosi delle vie aeree provocata dal LPS ed esercitano azione antiossidante su di esse.

Azione antiradicalica: nel fitocomplesso della liquirizia sono state identificate sette sostanze capaci di azione antiradicalica. Tre di questi sono isoflavani, due calconi e un isoflavone. Gli isoflavani sembrano essere quelli dotati di maggiore attività, essendo in grado di inibire quasi completamente la distruzione del beta carotene e l'ossidazione delle LDL, mentre i calconi sono meno attivi e la formononetina è poco attiva. Gli isoflavani sono particolarmente attivi contro l'ossidazione delle LDL,  e poiché l'ossidazione di queste sostanze è un evento chiave nella formazione delle lesioni aterosclerotiche, l'uso di questi antiossidanti può essere utile per ridurre l'aterosclerosi dei vasi sanguigni. Tale azione è dovuta alla capacità degli isoflavani di legarsi alle particelle di LDL circolanti, proteggendole dall'ossidazione, come dimostrato dalla notevole riduzione della formazione di lipoperossidi e ossisteroli e dalla contemporanea protezione dei carotenoidi associati alle LDL stesse quali beta carotene e licopene.
Studi in vitro hanno dimostrato che l'isoflavone glabridina inibisce l'ossidazione delle LDL indotta dal rame, come dimostrato dalla cospicua riduzione della formazione di dieni coniugati, di acido tiobarbiturico e di lipoperossidi.
Uno studio nel ratto ha indagato l’azione protettiva della glicirrizina e dell’acido glicirretinico sulla neurotossicità indotta dalla neurotossina 1-methyl-4-phenylpyridinium (MPP(+) soprattutto a livello mitocondriale e il ruolo in essa dello stress ossidativo. La MPP causava danno nucleare, alterazione della permeabilità della membrana mitocondriale, rilascio del citocromo c da parte dei mitocondri, attivazione della caspasi 3, formazione di ROS e deplezione del GSH. La glicirrizina a dosi pari o superiori a 100 microM e l’acido glicirretinico a dosi pari a 10 microM attenuavano i danni suddetti. Lo studio indica che la glicirrizina e l’acido glicirretinico riducono la tossicità dell’MPP a livello neuronale, soprattutto grazie alla loro capacità di proteggere in mitocondri.

Studi clinici:  È stato fatto uno studio clinico controllato per valutare l’effetto della Liquirizia contro lo sviluppo delle lesioni aterosclerotiche. A tale scopo un gruppo di pazienti moderatamente ipercolesterolemici assumeva per os 100 mg/die di estratto secco di liquirizia o un placebo per 30 giorni. La valutazione era fatta misurando una serie di parametri plasmatici. Si è visto che al termine della sperimentazione i livelli di questi parametri erano migliorati delle seguenti percentuali: attività antiossidante plasmatica del 19%, resistenza delle LDL all’ossidazione del 55%, all’aggregazione del 28% e alla ritenzione valutata come capacità di legare il condroitin solfato del 25%, colesterolo totale del 5%, colesterolo LDL del 9%, triacilgliceroli plasmatici del 14%.

Azione ipertensivizzante: l'acido glicirretico può inoltre provocare sintomi simili a quelli dell'iperaldosteronismo quali ritenzione di sodio, di cloro e di acqua, perdita di potassio, riduzione della diuresi e ipertensione arteriosa.
Inoltre l'acido 18-beta-glicirretinico causa anche perdita di Ca++, reversibile con la sospensione del trattamento. Ciò è dovuto all'inibizione competitiva degli enzimi che degradano i mineralcorticoidi, anche se è stata dimostrata anche una certa affinità per i recettori dell'aldosterone.
È stato chiarito che il fitocomplesso della liquirizia si lega a dei recettori renali che normalmente rispondono all'aldosterone. Questi ultimi sono anche stimolati dal cortisolo che si accumula per l'inibizione dell'enzima deputato a degradarlo, il che provoca anche una riduzione del cortisone.
Recentemente si è visto che il fitocomplesso della liquirizia è in grado di ridurre l'attività della 11 beta idrossisteroido deidrogenasi presente nella parete dei vasi sanguigni. Infatti sezioni di aorta di ratto incubate con corticosterone e con estratto di liquirizia evidenziavano una risposta contrattile alla fenilefrina e all'angiotensina II nettamente superiore a quella delle sezioni incubate solo con corticosterone e poi esposte alle suddette sostanze. Ciò significa che questa droga potenzia l'effetto ipertensivizzante della fenilefrina e dell'angiotensina II favorendone l'azione vasocostrittiva.
È stato anche valutato l'effetto della somministrazione di glicirrizina per os per un periodo di 12 settimane nel ratto sulla pressione arteriosa polmonare, sugli elettroliti e sulla pressione nell'atrio destro. I risultati confermano un aumento della pressione polmonare, di quella dell'atrio dx e del sodio, con calo del potassio. Istologicamente si nota ispessimento della parete delle arteriole polmonari. Questo quadro è tipico della fase iniziale dell'ipertensione polmonare.
Uno studio nell’animale ha esaminato il ruolo della glicirrizina (GL), dell’acido glicirretinico (GA) e del suo metabolica acido monoglucuronil glicirretinico (MGA) sull’iperaldosteronismo indotto dalla liquirizia. Si è notato che i livelli plasmatici di MGA erano maggiori per una somministrazione prolungata di questa droga rispetto a una somministrazione di breve durata, ma non era così per GL e GA. Si è anche visto che l’MGA riduceva i livelli plasmatici di potassio e aumentava l’azione potassio disperdente della furosemide. Lo studio indica che anche l’MGA ha un ruolo nell’azione ipertensivizzante e potassio disperdente della liquirizia.

Studi clinici:
Somministrando glicirrizina alla dose di 546 mg./die per un mese a un gruppo di pazienti affetti da epatite cronica, si è notato che solo il 60% di essi sviluppava ipertensione arteriosa con ipersodiemia e ipopotassiemia. Questi pazienti detti responders avevano un'attività reninica plasmatica pretrattamento superiore a 1,5 ng./ml, mentre nei non responders tale parametro era inferiore a 1,5 ng./ml. Ciò potrebbe significare che solo i soggetti con un'attività reninica plasmatica già sopra la norma sarebbero sensibili all'azione ipertensivizzante della glicirrizina.
Uno studio clinico controllato ha valutato se i pazienti ipertesi siano più sensibili di quelli normotesi all’inibizione della 11 beta idrossisteroido deidrogenasi indotta dalla liquirizia. A tale scopo venivano reclutati pazienti ipertesi con ipertensione essenziale e volontari sani, che assumevano per os 100 g/die di radici di liquirizia, corrispondenti a 150 mg/die di acido glicirretinico. Si misurava la pressione arteriosa ogni giorno per tutte le 4 settimane dello studio. Gli effetti sul metabolismo del cortisolo si indagavano misurando nelle urine i metaboliti totali del cortisolo e il quoziente cortisolo libero/cortisone libero. L’aumento medio della pressione sistolica era di 3,5 mm/Hg nei normotesi e di 15,3 mm/Hg negli ipertesi, mentre quello della pressione diastolica era di 3,6 mm/Hg nei normotesi e di 9,3 mm/hg negli ipertesi. I sintomi tipici del rialzo pressorio erano più pronunciati nelle donne che negli uomini, anche se la differenza di pressione tra i due sessi non era statisticamente significativa. Questi dati confermano che l’effetto ipertensivizzante della Liquirizia è più marcato in pazienti ipertesi rispetto a quelli normotesi.
Uno studio clinico controllato ha valutato l’effetto della liquirizia sugli steroidi sessuali. Sono state arruolate 15 donne e 21 uomini, tutti volontari sani, che assumevano 100 g/die di liquirizia capaci di fornire 150 mg di acido glicirretinico, per 9 settimane. Si misuravano gli steroidi sessuali nel sangue e nelle urine pre terapia, al suo termine e 1 mese dopo la sua cessazione. Si è visto che la liquirizia causava un calo significativo (p<0,002) del deidroepiandrosterone solfato nell’uomo, senza effetti sui livelli plasmatici e urinari di testosterone e degli altri androgeni misurati. Non vi erano effetti apprezzabili sui livelli ormonali nella donna. Lo studio indica che la liquirizia può influire solo marginalmente sui livelli degli steroidi sessuali nell’uomo ma non nella donna.
Uno studio clinico ha valutato l’azione ipopotassiemizzante della liquirizia da sola (32 g/die di radice essiccata) e della combinazione liquirizia + idroclorotiazide (25 mg/die) per 2 settimane. Si è visto che la liquirizia da sola non modificava i valori plasmatici di sodio, potassio, cloro, attività reninica e aldosterone e neppure la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. Aggiungendo l’idroclorotiazide il potassio si riduceva si 0,32 mmol/l (p<0,0015), l’attività reninica aumentava (p<0,0064) e il peso corporeo si riduceva di 0,9 kg (p<0,0065). Il 20% dei partecipanti diventava ipokaliemico durante la terapia combinata liquirizia + idroclorotiazide. Lo studio indica che la combinazione in oggetto può indurre ipokaliemia nel volontario sano.

Farmacocinetica: Somministrando glicirrizina per os nel ratto, si ha comparsa nel plasma di acido glicirretico in quantità proporzionale alla glicirrizina somministrata, mentre quest'ultima non è dosabile. Ciò significa che vi è una completa biotrasformazione di glicirrizina ad acido glicirretico ad opera della flora batterica intestinale, e che questa sostanza mostra un buon assorbimento da parte della mucosa dell'intestino.
Dopo somministrazione per via orale, il picco ematico si raggiunge dopo 6 ore, poi si ha un plateau fino alla dodicesima ora e infine inizia una lenta discesa, con scomparsa pressochè totale dopo 24 ore. L'acido glicirrizico, una volta giunto nel torrente ematico, si lega all'albumina.
La maggior parte dell'acido glicirretico viene eliminata con la bile in forma glucuronata o solfata, mentre la glicirrizina non è metabolizzata ed è soggetta al circolo enteroepatico. Si è notato che sia la liquirizia sia la glicirrizina da sola stimolano consistentemente i meccanismi di glucuronazione a livello epatico nel ratto.
Inoltre questa droga sembra in grado di aumentare l'attività del citocromo P 450 e delle attività enzimatiche da esso dipendenti nel fegato del ratto, incrementando in tal modo il metabolismo epatico di molte sostanze farmacologicamente attive.

Indicazioni principali: malattie flogistico-degenerative dell’apparato osteoarticolare e della cute, allergia, ipotensione arteriosa.

Azione prevalente: azione antiflogistica, antiallergica.

Altre azioni:  Gastroprotettiva, antiossidante, ipertensivizzante.

EFFETTI  COLLATERALI: nessuno degno di nota.

CONTROINDICAZIONI: è controindicata in modo assoluto nel paziente iperteso, in particolare in soggetti con sospetto di iperaldosteronismo o di feocromocitoma.
Non va mai associata a trattamenti con steroidi, salvo ridurre consistentemente il dosaggio di questi ultimi, poiché ne potenzia l’azione farmacologica.
Può provocare ipopotassiemia, ritenzione idrosalina, riduzione della forza muscolare e anche turbe elettrocardiografiche tipiche dell'ipopotassiemia, per cui è controindicata in pazienti con ipopotassiemia di qualsiasi causa.
Non deve essere usata in soggetti di età inferiore ai 12 anni, particolarmente se di sesso femminile, in gravidanza e nell'allattamento.
Può peggiorare il controllo metabolico e può facilmente indurre ipokaliemia  nel paziente diabetico.
Va usata con una certa cautela in pazienti nefropatici.
È incompatibile con gli estratti di china e coi composti di calcio.
È stata anche descritta rabdomiolisi con grave carenza di mioadenilato deaminasi in pazienti che facevano abuso di liquirizia, che peraltro regrediva progressivamente con la sospensione della droga.
È descritto il caso di una donna di 93 anni ipertesa con severa ipokaliemia e paralisi muscolare associate ad alcalosi metabolica, ipossiemia, ipercapnia, elevati livelli di fosfatasi alcalina, di mioglobina e mioglobinuria compatibili con un quadro di rabdomiolisi. I livelli plasmatici di aldosterone e di renina erano al di sotto della norma. La donna assumeva estratti di liquirizia da 7 anni. La sospensione della liquirizia e la somministrazione di spironolattone e di potassio riportavano alla norma il quadro clinico entro 2 settimane.

INTERAZIONI FARMACOLOGICHE: Può ridurre notevolmente il legame con l’albumina sierica di ibuprofene, warfarin, salicilati e acido deossicolico, e pertanto può interferire, potenziandola, con l’attività di questi farmaci.
I contraccettivi orali ne potenziano l'effetto ipertensivizzante e viceversa.
La Liquirizia ostacola l'azione farmacologica dello spironolattone.
La Liquirizia riduce l’azione dell’acetaminophen poiché ne aumenta l’escrezione a livello epatico.
Può aumentare la ritenzione di sodio e l’escrezione di potassio indotta dal succo di pompelmo.
Può potenziare quella della digitale, potendo in alcuni casi falsare i risultati della digossinemia.
Può potenziare l’effetto ipertensivizzante dei farmaci anti MAO e della tiramina, anche se non ci sono in letteratura dati specifici sufficientemente chiari in merito. È comunque prudente che i pazienti che assumono questi farmaci prendano la Liquirizia, se necessario, solo sotto stretto controllo medico.
L’acido glicirretinico sembra capace di aumentare la richiesta corporea di ormoni tiroidei, il che potrebbe ridurre l’efficacia degli ormoni tiroidei somministrati in pazienti con ipotiroidismo.

TOSSICOLOGIA: è noto che la glicirrizina e I suoi derivati inibiscono la 11 beta OH-deidrogenasi, che trasforma il cortisolo a cortisone, con un aumento di questo ormone nel sangue e anche in parte di mineralcorticoidi, con effetti ipertensivizzanti sia nell’animale sia nell’uomo. Tali effetti sono reversibili con la sospensione del trattamento. Studi di genotossicità e di mutagenesi indicano che la liquirizia non pare essere tossica e anzi può esplicare una certa azione antigenotossica. Sulla base degli studi finora pubblicati (Agosto 2006) si ritiene che non debba essere superata un’ingestione giornaliera compresa tra 0,015 e 0,229 mg/kg/die di glicirrizina.

 

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